Borghetto, 6 Gennaio 2021

 
 
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L’Epifania tutte le feste si porta via è una frase che per un arancere non ha mai avuto senso, ma in questo anno solare abbiamo imparato nostro malgrado che c'è una prima volta per tutto e capita dunque che il 6 gennaio siamo incredibilmente chiusi a casa a guardare fuori dalla finestra. Tutto avremmo pensato tranne che questo, eppure va così.

Per noi in realtà tutto inizierebbe il 6 gennaio proprio perché il Carnevale di un arancere della riva destra non si può solamente riassumere nei soli tre giorni di tiro, ma in decine di attese prima (e dopo) la battaglia, in tanti momenti condivisi, nelle piccole tradizioni da conservare, nelle serate coi piedi sotto il tavolo e nelle albe gelide di attacco bandiere.

Noi siamo in realtà un rione intero che si risveglia in inverno, siamo le colazioni al bar a tutte le ore, siamo la testa che sbuca nei piccoli e pochi negozi aperti “ehilà, ci fai un sacchetto di pizzette?”, siamo la cantina di polenta e merluzzo con tavoli e cipolle ammassate, siamo gli striscioni e le bandiere che sbucano misteriosamente dalle varie cantine del Borghetto “ma chi ha lasciato qui lo striscione l’anno scorso?”, siamo la spola fra la piazza e il magazzino, le transenne temporanee sul ponte, la disco improvvisata in sede mentre la cambusa prepara la pasta per sette quindici anzi no siamo ventotto, fai trenta.

Siamo la maglietta dell'anno e la toppa ricamata, la busta rossa e il foulard con la scritta dorata, il giro di grappa alla viola (“versa, versa”), siamo la scusa per passare dal ponte e non dalla fontana Olivetti, siamo il clacson e le corna fuori dal finestrino con l'autoscala che risponde, siamo i cappucci verdi delle felpe che spuntano dalle giacche, siamo quelle facce che vedi quattro volte l'anno ma è come se fosse passata una settimana, siamo il vassoio di bugie, il frigio in sfilata, la doccia di melma, una costina in primavera, i chilometri di cavo elettrico e le arance sulle rocce della dora, siamo Frank e Dj Scaia, siamo quello svitato che viene a chiedere a luglio se può comprare una felpa, siamo ragazzi incontrati per caso sulla panca lunga del bar e che questa Squadra ha concesso di essere amici. Siamo una piccola vita inspiegabile inserita nelle nostre tante vite normali e più che un braccio pronto siamo un unico cuore forte che aspetta solo di togliersi un anno nero dalle spalle.

Ecco perchè non ha senso pensare alle nostre arance che sono rimaste sugli alberi, perchè noi siamo ben altro.

Aspettiamo dunque con fiducia che questo elenco di “cose” ritorni ad essere la quotidianità, perché non sbagliatevi: non è una lista di piccoli ricordi sbiaditi ma sono la vera essenza dell’essere un arancere. Siamo Tuchini tutto l’anno, ed in qualsiasi momento dell’anno dovremmo essere pronti a tornare a pestare i solchi dei cubetti: magari succederà in primavera così attenderemo assieme l’estate mangiando all’aperto, magari sarà col caldo estivo ma sarà mica un problema inventarsi qualcosa con una birra gelida in mano restando senza felpa. O magari in autunno, se proprio lo sguardo deve andare tanto in là. Poco importa, inutile piangersi addosso e contare i giorni persi: i muri della sede mica scappano, il calciobalilla e la sala iscrizioni neppure.

Questa lettera aperta non è quindi un augurio particolare per un 6 gennaio diverso o per un Carnevale che non ci sarà, ma è solo un richiamo a vivere i prossimi mesi aspettando il momento perché a ben pensarci non manca molto. Non siamo un lungo ed inesorabile conteggio per il Carnevale 2022, ma siamo l'attesa per un segno qualsiasi così da tornare a volare come se ci fossimo fermati soltanto stamattina.

Ci scommettiamo che sarà così: uno fischia e gli altri arrivano. Birretta, finalmente abbraccio, allora come stai? Guarda chi arriva! Allora di birrette fanne quattro, per favore. E pizzette.

Alla fine il Carnevale è solo una scusa per condividere quel Noi.

Semplice. Verrà tutto molto semplice e naturale, vedrete: siamo aranceri della riva destra, non ci siamo mica dimenticati come si fa a stare insieme.

Prendetevi cura di voi, corvi. Ci vediamo presto, prestissimo.

Tucc’un 

 
 
 
Tuchini Del Borghetto